martedì 7 ottobre 2008

Quando il papa disse:"I soldi (degli altri) sono nulla in confronto a dio (e a chi lo rappresenta)".

Viviamo tempi grami: oltre ai soliti problemi, tipo lavoro, mutui&finanziamenti, la 3° settimana, il caro-bollette etc etc, negli ultimi mesi stiamo scoprendo che le pratiche allegrotte di alcuni squali della finanza d'oltre oceano stanno minando l'intera economia mondiale. E noi, che gli unici titoli che possediamo sono quelli scolastici e che in banca abbiamo lo stipendio giusto il giorno in cui viene versato, perchè il giorno dopo già è sparito, abbiamo dovuto prendere coscienza del fatto che un mutuo sub-prime (di cui oramai siamo tutti edotti) a New Orleans può costarci la nostra villetta di periferia. Perchè? E' l'economia globale, ci spiegano i vari soloni esperti analisti finanziari...E certamente hanno ragione, il che però non riduce il senso d'ingiustizia per cui gli errori finanziari di un Paese debbano costare anche al resto del Mondo; lo chiamano "turbo-capitalismo", neologismo che non vuol dire nulla e che serve solo a non dover ammettere il fallimento sia etico (ma già si sapeva) che economico (e questa è una novità) del capitalismo come ideologia.
In questo caos, facile sarebbe "perdersi" e mandare tutto in vacca; ma per nostra fortuna c'è ancora qualcuno in grado di reggere il timone di questa barca altrimenti alla deriva. E costui è il papa (lo scrivo appositamente con la minuscola, da "mangiapreti" quale sono..!) . Non è mia intenzione fare ironia, nè tantomeno offendere la sensibilità religiosa di chi vede nel papa una figura sacra ed intoccabile. Intendo solo riferirmi ad esso come persona ed in quanto capo di una comunità che è uno Stato a tutti gli effetti (seppur atipico).
Il papa, in un suo recente discorso, ha preso atto della crisi economica e richiamato i credenti ai veri valori, che sono quelli spirituali e non quelli economici: perfettamente condivisibile. Concordo un pò meno, da laico, sul fatto che senza dio non ci sia giustizia morale: esiste anche un'etica non religiosa, e sfido chiunque ad argomentare l'inferiorità dell'etica laica nei confronti di quella cattolica.
Ma il punto è un altro, e precisamente è la contraddizione tra le parole e la condotta. Per i dettagli tecnici rimando alla lettura de "La questua" di C. Maltese, ma grossomodo il concetto è questo: la chiesa spende in "rappresentanza" gran parte dei sui introiti (solo 1/5 del totale, come si evince dal documento finanziario della Cei, viene destinato ai poveri); il "ceto alto" (vescovi, cardinali..) vive esattamente come i suoi corrispettivi del mondo della politica e della finanza.
La chiesa gestisce alberghi, resort, scuole, ha una propria banca centrale (ma questo è normale); su tutte queste attività gode dell'esenzione dell'ICI e di altri sgravi fiscali (ma l'esenzione sarebbe prevista SOLO per i luoghi di culto); a ciò va aggiunto l' "8xmille", con un sistema che crea disparità nei confronti delle altre confessioni (l'8xmille non espresso viene assegnato alla confessione con maggiori preferenze). Un sistema complessivo di rapporti Italia-Vaticano che, andando ben oltre le intenzioni del Concordato del 1984, crea un sistema di privilegio, così evidente da essere sub iudice da parte dell'Unione Europea.
In passato, la chiesa ha vissuto varie "ondate moralizzatrici" dal suo interno, movimenti che puntavano sulla povertà degli uomini di chiesa, rispettando così i dettami di Gesù Cristo agli Apostoli. Rappresentante di quesa corrente, purtroppo minoritaria e perdente, fu San francesco, e, in tempi più recenti, solo papa Luciani ha sostenuto che la chiesa doveva privarsi dei suoi ingenti beni materiali. Papa Ratzinger, al contrario, ha ribadito più volte la necessità e la giustezza del potere temporale.
Come sempre, il problema è morale: tu, che rappresenti una guida, mantieni intatta la tua valenza etica se ti comporti al contrario di come sostieni debba comportarmi io, umile peccatore? Il dilemma riguarda in primis i credenti, è ovvio, ma riguarda tutti noi per via degli stretti legami Stato-chiesa, che vedono il primo in netta sudditanza.
Liberissimo quindi il papa di richiamare i fedeli ad una vita più spirituale, ma abbia anche l'accortezza di porre fine ad uno stato di cose interno che ha come primo effetto proprio quello di togliere valenza alle parole del suo più eminente rappresentante.

1 commento:

linda ha detto...

amore mio! pur essendo credente (anche se non proprio praticante)
sono perfettamente d'accordo con ciò che hai scritto nell'articolo, ma si sa le cose sono sempre andate così e sempre così andranno...e poi lo stato si sa lecca il santissimo didietro...
inoltre non credo che il Papa si libererà presto dei beni materiali per i beni spirituali..anzi credo che ad una simile richiesta si farebbe una sonora risata!!