venerdì 9 gennaio 2009

Dell'inferiorità morale delle religioni

Solitamente mi piace scrivere di notizie "dimenticate" dalla stampa/tg perchè considerate poco importanti, o peggio "scomode", ma per questo articolo ho preferito un argomento filosofico; non ho certo la supponenza di pensare di scrivere niente di nuovo rispetto a chi già lo ha trattato, ma semplicemente desidero esprimere il mio punto di vista su una riflessione che tutti, a mio parere, dovrebbero fare in coscienza loro.
Allora, partiamo dalle origini: quando nasce la religione? Quando l'uomo le ha dato forma?
Per prima cosa, bisogna fare una distinzione fra "credo" e "culto": col primo termine intendiamo la necessità ancestrale di dare una spiegazione (trascendentale) a fenomeni (immanenti) difficilmente spiegabili razionalmente; col secondo s'intende tutto l'insieme di pratiche, istituzioni, comportamenti, obblighi, divieti etc che sulla necessità del "credo" vengono costruiti. Nelle sue origini preistoriche, l'uomo ha, ad un certo punto, preso coscienza della sua infinitesimalità rispetto a tutto ciò che lo circondava; per questo ha attribuito una natura superiore a tutti i fenomeni naturali che non riusciva a spiegarsi (es: fulmini, terremoti..). Sostanzialmente, ha dato una spiegazione alle sue paure. Queste erano però condivise, quindi il passo da "privato" a sociale" è stato immediato. Fin da subito si sono delineate due categorie: coloro che erano in grado di fungere da intermediari fra le entità superiori e gli uomini comuni, ovvero gli stregoni o sciamani, e coloro che avevano un rapporto privilegiato con gli dei, ovvero i capi/sovrani.
Questi fattori sono comuni a tutte le civiltà antiche, anche se in periodi differenti. Ogni civiltà ha sviluppato delle caratteristiche peculiari (per esempio, per gli egizi il capo, il faraone, era egli stesso un dio; nel mito greco gli dei avevano un contatto stretto con gli uomini e ne determinavano le sorti influendo direttamente sulla quotidianità), ma sia la composizione sociale (ovvero la presenza di una casta sacerdotale variamente strutturata) sia le tipologie dei riti (nascita, morte, riti di fecondità, riti di benevolenza, riti di purificazione/espiazione) sono comuni da est ad ovest e nel corso dei secoli.
Quindi è possibile fissare un primo "paletto": l'uomo HA CREATO dio (la religione) per spiegare tutto ciò che diversamente gli era impossibile; non è un ragionamento "da sempliciotti", se riflettiamo sul fatto che la peste bubbonica che flagellò l'Europa nel 1346 (quindi alcuni millenni dopo) veniva considerata una punizione divina (mentre la colpa era delle autorità cristiane che avevano fatto sterminare i gatti, convinti che fossero i demoni domestici delle streghe. I ratti si diffusero, e dalle loro pulci l'infezione passò all'uomo). In questo senso, si può ipotizzare che quando l'uomo arriverà a comprendere il principio primo della creazione non vi sarà più bisogno di alcun dio.
Un'altra caratteristica molto comune alle varie religioni era la sua componente politica: non solo, tramite i ministri del culto, il detentore del potere aveva pieno controllo sul popolo, ma anche la religione serviva ad acquisire le popolazioni che venivano assoggettate: era pratica diffusa integrare il proprio pantheon con gli dei dei popoli sconfitti (magari modellandoli un pò..), in modo che questi non si sentissero corpi totalmente estranei, riducendo così la conflittualità.
Fin qui nulla di complesso; è il caso di sottolineare due cose: 1) la religione ha sempre avuto un ruolo politico, e nella fattispecie ancillare al potere temporale; 2) in questa fase è sconosciuto il concetto di "guerra di religione": i popoli si combattono ma non per imporre il proprio dio agli "infedeli".
Questa situazione cambia con l'avvento delle tre religioni del Libro; ora, non è il caso di far rilevare come in verità esse non siano nuove nè per la forma (monoteismo) nè per i contenuti; il cristianesimo, per esempio, ha molto in comune col mitraismo, ad esso antecedente,(Mitra nacque da una vergine, in una grotta...suo padre era falegname, predicava, faceva miracoli, morì crocifisso e resuscitò) e ha mutuato molto dalle religioni pagane (il Natale deriva dal Sol Invictus degli antichi romani; il battesimo è legato al mito della purificazione dell'acqua) e così via...perchè quello che interessa è che la religione cambia le sue caratteristiche principali: 1)cambia il suo ruolo sociale, da ancella al tentativo (riuscito a tutt'oggi nelle teocrazie islamiche) di soverchiare il potere politico; 2)nasce il concetto di "convertire gli infedeli"= esclusività del proprio credo; 3) di conseguenza, nascono le guerre di religione.
Da qui in poi la storia umana diventa un susseguirsi di lotte per portare la "verità" a popoli diversi, di conquiste in nome della civilizzazione...I secoli più bui della storia umana coincidono con lo "splendore della vera Luce". Un bisogno, quello di cercare in un'entità suprema conforto alle nostre paure e a cui affidare le nostre speranze, che aveva affratellato gli uomini agli albori delle società diventa causa di divisioni insanabili. Gli esponenti del clero sono spesso determinati a non condividere più il potere con sovrani/politici/dittatori; quando non vi riescono concordano con loro un'equa spartizione (es: chiesa spagnola e Franco, chiesa latina e Mussolini) dello stesso.
In circa 2mila anni, l'unica voce contraria che riesce ad elevarsi contro tutto questo è l'Illuminismo; il suo messaggio, però, è stato limitato tanto temporalmente, quanto territorialmente, anche se ha gettato le basi per un nuovo "credo": i Diritti Umani.
Questa, brevemente e sommariamente, la storia. Ma per quanto riguarda ciascuno di noi? C'è chi sente il bisogno di credere e chi no; chi nella fede trova le motivazioni per affrontare la vita e chi ritiene che la ragione del proprio essere stia esclusivamente nel valore delle sue azioni. Non c'è un modo giusto ed uno sbagliato, questo è evidente. Ma quando la fede non è più scindibile dal sentirsi obbligati a rendere partecipi chi pensa diversamente della propria verità, quando, cioè si da una connotazione valoriale ad un bisogno primario, allora bisogna chiedersi quanto questo sia ostativo alla pacifica convivenza (unico valore che sempre l'umanità ha perseguito, almeno a parole).
Se la risposta delle religioni è invariabilmente quella del proselitismo, allora esse non fanno che dimostrare la loro inferiorità etica, perchè incapaci di perseguire l'unico obiettivo comune senza ridurre (anche con la forza) la molteplicità ad unicità: la propria.

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